Dopo Simone Perrotta, vincitore a Berlino, alla mostra “Eroi del Calcio”
oggi è stato il turno di Antonio Cabrini, protagonista del trionfo di
Spagna ’82.
Accompagnato da Isabella Cardone, allenatrice della Pink Bari (Serie A femminile), l’ex terzino si è imbattuto in due memorabilia… “sue”.
Prima uno scatto del periodo di militanza alla Juventus, che ha autografato e fotografato «per averne un ricordo. Era un calcio diverso, condotto a livello familiare. Un calcio molto meno industrializzato dell’attuale, dove invece primeggia la squadra azienda, mentre prima c’era il presidente che la gestiva come voleva».
Poi la maglia di Italia-Svizzera del 27 ottobre 1982, terminata 1-0 per gli elvetici a Roma.
Era la prima uscita assoluta dopo la cavalcata nel Mundial, tuttavia non si era pensato di aggiornare il logo della FIGC con la terza stella conquistata pochi mesi prima. Pertanto dalla divisa modello Spagna 1982 fu scucito lo stemma meno “vittorioso” e, a mano (con ago e filo furono dati quattro punti di colore bianco, perfettamente visibili), venne attaccato uno scudetto provvisorio.
«Mi ricordo il risultato ma non mi ricordavo assolutamente questo tricolore cucito all’ultimo momento dal magazziniere. Anzi, credo di non averlo mai saputo. È una cosa fuori dal normale, fa sì che la maglia diventi ancora più importante».
«A me piacciono molto le magliette vecchio stampo, degli anni della guerra, dei primi due Mondiali vinti, come quella nera di Meazza del 1938 — l’attuale Commissario Tecnico della nazionale italiana femminile di calcio analizza l’esposizione, allestita fino a domenica 1 marzo — magliette con dei simboli che ripercorrono la storia dell’Italia di quel periodo. Sono sempre affascinanti. Poi ci sono le casacche di giocatori come Pelè, Cruijff, Maradona ai tempi dell’Argentinos Juniors, che fanno rivivere il passato e che difficilmente si possono rivedere altrove».
Una maglia che manca nella mia collezione? «Ne ho cambiate moltissime e ne ho tuttora. Una che avrei scambiato volentieri sarebbe stata quella di Cruijff, purtroppo ai miei tempi aveva già smesso di giocare. Tra i miei cimeli sarebbe stato il massimo avere una di Cruijff e una di Pelè».
Accompagnato da Isabella Cardone, allenatrice della Pink Bari (Serie A femminile), l’ex terzino si è imbattuto in due memorabilia… “sue”.
Prima uno scatto del periodo di militanza alla Juventus, che ha autografato e fotografato «per averne un ricordo. Era un calcio diverso, condotto a livello familiare. Un calcio molto meno industrializzato dell’attuale, dove invece primeggia la squadra azienda, mentre prima c’era il presidente che la gestiva come voleva».
Poi la maglia di Italia-Svizzera del 27 ottobre 1982, terminata 1-0 per gli elvetici a Roma.
Era la prima uscita assoluta dopo la cavalcata nel Mundial, tuttavia non si era pensato di aggiornare il logo della FIGC con la terza stella conquistata pochi mesi prima. Pertanto dalla divisa modello Spagna 1982 fu scucito lo stemma meno “vittorioso” e, a mano (con ago e filo furono dati quattro punti di colore bianco, perfettamente visibili), venne attaccato uno scudetto provvisorio.
«Mi ricordo il risultato ma non mi ricordavo assolutamente questo tricolore cucito all’ultimo momento dal magazziniere. Anzi, credo di non averlo mai saputo. È una cosa fuori dal normale, fa sì che la maglia diventi ancora più importante».
«A me piacciono molto le magliette vecchio stampo, degli anni della guerra, dei primi due Mondiali vinti, come quella nera di Meazza del 1938 — l’attuale Commissario Tecnico della nazionale italiana femminile di calcio analizza l’esposizione, allestita fino a domenica 1 marzo — magliette con dei simboli che ripercorrono la storia dell’Italia di quel periodo. Sono sempre affascinanti. Poi ci sono le casacche di giocatori come Pelè, Cruijff, Maradona ai tempi dell’Argentinos Juniors, che fanno rivivere il passato e che difficilmente si possono rivedere altrove».
Una maglia che manca nella mia collezione? «Ne ho cambiate moltissime e ne ho tuttora. Una che avrei scambiato volentieri sarebbe stata quella di Cruijff, purtroppo ai miei tempi aveva già smesso di giocare. Tra i miei cimeli sarebbe stato il massimo avere una di Cruijff e una di Pelè».
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