E chi se lo aspettava? Ciò che nessuno, ma proprio nessuno si attendeva, è successo: Juve fuori dalla Champions al primo turno.
Una eliminazione arrivata come un fulmine in mezzo alla bufera di Istanbul, ad opera del Galatasaray di Roberto Mancini.
Tuttavia ciò che appare in superficie è solo una minima parte di un discorso ben più ampio.
Pareggio contro il Copenghen, pareggio interno contro il Galatasaray e sconfitta sotto la neve nell’ “Inferno” congelato della Telekom Arena di Istanbul oggi contro il Galatasaray e un dato impietoso: 1 vittoria in 6 partite.
Posso essere queste le “ tappe” che hanno decretato l’uscita prematura della Juventus dalla Champions League alla fine della fase a gironi.
Girone che, Real Madrid a parte, non era certo inaccessibile considerando che c’erano squadra che, con tutto il dovuto rispetto, sulla carta non erano allo stesso livello della Juve come Copenaghen e Galatasaray.
Un girone che, però, ha dimostrato come in Europa le motivazioni possano fare la differenza a prescindere da tutto.
Al di là delle solite recriminazioni, soprattutto dovute alle condizioni in cui si è giocata la partita di ieri pomeriggio, al quando, dove e perché; se è vero il detto “ chi è causa del suo mal, pianga sé stesso”, allora la squadra di Conte ha tanto, forse troppo da (rim) piangere.
A cominciare dalla prima giornata contro i danesi del Copenaghen, non certo un’armata imbattibile: eppure ciò che ne è scaturito è stato solamente uno scialbo pareggio per 1-1. Piccolo punto, ma grande passo falso.
L’amaro in bocca aumenta quando arriva un altro pareggio,allo Juventus Stadium contro il Galatasaray: un pareggio che brucia perché maturato in casa, per il doppio vantaggio bianconero sperperato, per gli errori di disattenzione e mancanza di concentrazione.
Nel girone di ritorno, dopo i pareggi ottenuti col Real e la vittoria col Copenaghen allo Stadium,si arriva alla “gelida” sconfitta di oggi contro il Galatasaray: una sfida che ai bianconeri bastava anche solo pareggiare, senza strafare, avendo già 6 punti contro i 4 dei turchi di Mancini, il minimo indispensabile sarebbe bastato. E invece no.
In molti hanno gridato allo scandalo, hanno inveito contro una decisone sbagliata della Uefa, addirittura al complotto per aver giocato nella bufera di Istanbul,avendo sotto i piedi una fanghiglia verde e marrone, ma è davvero così? Di chi è la colpa? Del campo? Di Platini?Della mala sorte?
Analizzando per bene i fattori di questa “Waterloo turca” per la Juve, si può continuare ad incolpare chiunque, o più semplicemente, iniziare a farsi le giuste domande,chiedendosi “ Perché una squadra fatta per competere su più fronti, esce da un girone accessibile?”
La Juventus deve necessariamente guardare il proprio percorso non entusiasmante, assolutamente insufficiente in Europa."Come mai la squadra che da due anni domina in Italia è così vulnerabile in Europa?". L'anno scorso passò da prima nel suo gruppo, ma sempre in rimonta dopo un avvio lento e con avversari non meno scadenti di quelli affrontati oggi.
Arrancare con avversari “mediocri” come Galatasaray e Copenaghen, ottenere solo una vittoria su sei partite, è davvero poca cosa per una squadra che ambisce ad arrivare il più in fondo possibile in una competizione difficile come la Champions League.
Per una squadra abituata a grandi traguardi e grandi palcoscenici internazionali, uscire al primo turno con squadre non meno forti di lei, deve essere considerata al pari di un’umiliazione, non deve diventare un clichè , una scusa dietro la quale nascondersi il fatto del campo impraticabile o della neve: è della Juve che si parla.
Il discorso qualificazione doveva essere chiuso all’inizio: bisognava impegnarsi di più fin dal primo minuto,si doveva vincere,non sottovalutare le avversarie perché giudicate “ più deboli” pensando “ noi siamo la Juve,quindi passiamo sicuro”: in Europa non funziona così,non ci si può adagiare sugli allori, in campo europeo si viene punti ad ogni singolo errore commesso senza diritto di replica,non si possono e non si devono sprecare occasioni, non ci può specchiare in una convinzione senza sicurezze.
Un primo campanello d’allarme doveva scattare già dallo scontro in Danimarca col Copenaghen, ma così non è stato così.
La squadra non si discute, era stata attrezzata per dare del filo da torcere alle grandi anche in campo internazionale con gli acquisti di gente come Tevez e Llorente, ma a quanto pare ciò che manca è la mentalità europea, non abbastanza forte e competitiva da affrontare le grandi del calcio senza rischiare di arrossire e fare brutte figure.
Manca la dimensione internazionale, per arrivare avanti in Europa serve un altro passo. Certamente la strada è ancora lunga ed impervia e dopo oggi, lo sarà ancora di più:se si vorrà tornare a vincere anche in Europa, occorre un cambiamento nel modo di approcciare alle gare e agli avversari, essere più cattivi, più decisi, ma anche umili ed attenti.
In parte la pensa così anche il tecnico dei bianconeri Antonio Conte: “Non dovevamo arrivare a questo punto, perchè può succedere l'impossibile e può accadere di tutto.
Il rammarico è essere arrivati all'ultima partita a giocarci la qualificazione, errore nostro.
La sconfitta di oggi è stata la punta di un iceberg contro il quale il “ Titanic” Juve era,forse, inevitabile che si scontrasse , una sconfitta che, forse, dava il passaggio del turno come cosa fatta, ma che ora deve leccarsi le ferite e deve necessariamente far riflettere un ambiente che se l’anno prossimo vuole seriamente competere in coppa, è meglio che faccia sin da ora un profondo “mea culpa” e smetterla di credere di essere imbattibileTutto il resto sono chiacchiere e banali scuse.